Sofyan Amrabat
Sofyan Amrabat (Photo by Ahmad Mora/Getty Images) via OneFootball

L’intervista 

Il direttore sportivo dell'Atalanta Tony D'amico ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport in cui ha parlato della sua carriera da calciatore e poi della sua nuova avventura da direttore sportivo. Questo un estratto delle sue parole a partire dalla spiegazione da come è diventato ds del Verona: 

"Sono andato a vedere le finali Primavera e ritrovo Fusco (suo direttore ai tempi del Foggia), nel frattempo al Bologna. Mi chiede come ho visto Mattia Vitale. Faccio una relazione verbale, me ne chiede un’altra, un’altra, poi cambia domanda: "Devo rifare l’area scouting: ci sei?". Me lo chiede di nuovo quando va a Verona, poi l’upgrade: “Tu sei tagliato per fare il ds”. Non ci credevo, inizio a farlo quando lui - stagione 2017-2018-si dimette. Gli dico:“Mi dimetto anche io”. “No, tu resti”. L’estate dopo Maurizio Setti apprezza un paio di cessioni: “Se te la senti, il ds lo fai tu”. Sensazione pazzesca, quando ho telefonato a Federica, mia moglie, mi tremava la voce".

Sofyan Amrabat
Sofyan Amrabat (Photo by Ahmad Mora/Getty Images via One Football)

Davvero è stato vicino al Milan?


"Ho letto troppe cose: di sicuro non mi sono mai sentito, neanche per un giorno, fuori dall’Atalanta".
 

 

Il colpo più importante da ds?
"Quello che verrà. Potrei dire Amrabat preso in prestito e rivenduto a 20milioni. Ma anche Zaccagni, trovai la chiave per aiutarlo a maturare caratterialmente. In ordine d’importanza non saprei scegliere".

Il rimpianto?
"Quando ero a Verona, Scamacca: non spinsi abbastanza per prenderlo dal Sassuolo".

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