Milan Badelj, centrocampista viola, è stato intervistato dal Corriere dello Sport affrontando tutti i temi della sfida di domani. Sul goal che fece alla Juve: “E come posso scordarlo? Soprattutto l’ironia che è arrivata dopo, perché onestamente io non cercai il gol. Semplicemente Federico Chiesa non la toccò (ride, ndr). E poi quella settimana, non so perché, ma eravamo convinti che l’avremmo vinta. La Juve è una squadra fortissima, ma se li batteremo saremo più forti noi”. La gara di domani è speciale? “Sempre di più. Non mi permetto di pensare di poterla sentire come un fiorentino, sono arrivato a Firenze da tanto ma non tantissimo, ma vi giuro che più sto qui e più ne respiro l’adrenalina”. Su Franck Ribery: “Sta lavorando bene, è stata la prima cosa che ho chiesto nello spogliatoio quando sono rientrato dalla nazionale. Si è persino allenato mentre la squadra era libera. Lui è un fenomeno. Anche io sento il peso della sua esperienza. Quando parla nello spogliatoio, mi incanto anche io, perché è esperienza pura”. Su Cristiano Ronaldo: “Indiscutibilmente è una macchina da gol che negli anni si è trasformata. E torniamo a quello che ho detto prima. Ai tempi del Manchester United, quando era poco più di un ragazzino era “bellino”, tanti dribbling, ma gli assist e i gol più pesanti, quelli che hanno cominciato a fare la storia, secondo me sono arrivati al Real Madrid. E’ stato con i blancos che è diventato più pratico, diventando uno dei migliori al mondo. Ma noi abbiamo Ribery, uno che meritava il Pallone d’Oro e che chissà per quale motivo non lo ha mai alzato. Ha fatto cose impressionanti in carriera, adesso ce lo godiamo noi”. Sui cori contro i morti a Heysel: “Bisogna sempre avere rispetto dell’avversario. A prescindere da chi ci troviamo davanti”. Sui cori discriminatori in Croazia: “I derby (nazionali, ndr) sono sempre derby, anche se la distanza di qualità tra le squadre, Hajduk Spalato e Dinamo Zagabria, è enorme. L’Hajduk ne ha vinti un pugno in proporzione rispetto agli altri. Ma che ci volete fare? Lo sport, ovunque, è una religione. Quando da bambino arrivi in prima elementare, la prima domanda è: che sport fai? Tornando alla Juve, credo che sia una partita sentita maggiormente qui che a Torino”. Sul suo ruolo da regista: “No, mi sono trasformato qui a Firenze. Prima, anche nell’Amburgo, avevo sempre giocato a due. E’ stato con Montella nel suo ultimo anno e poi con gli altri allenatori che mi sono formato per muovermi in un centrocampo a tre, da regista, con Pizarro accanto, ed è stato lì che mi sono specializzato”. Sulla convivenza con Pulgar: “Mi trovo benissimo con lui, siamo per certi versi complementari quindi ci integriamo alla perfezione. In coppia possiamo fare tanto. Ho imparato in questi anni che quello che conta è la posizione che si assume in campo, i numeri degli schemi tattici lasciano un po’ il tempo che trovano. Per esempio, noi due sappiamo già bene quando uno deve restare a coprire e l’altro spingersi un po’ in avanti. In questo modo il regista è sempre lì, al suo posto”. Su cosa lo ha colpito di più di Pulgar: “Vede tutto prima che il pallone si muova. Ed è questa sua capacità di leggere in anticipo le azioni che può diventare un valore aggiunto, perché sai già quello che devi fare”. Sulle capacità del cileno su palla inattiva: “Io direi che è uno dei migliori del campionato. Trasforma i rigori con la freddezza di un rigorista ormai affermato. Da calcio d’angolo, onestamente durante l’arco di una gara si cerca sempre una combinazione diversa per cercare di arrivare in porta. Vi posso garantire, a tal proposito, che Pulgar mette il pallone esattamente dove vuole”. Su Castrovilli: “Ha giocato le ultime due stagioni in Serie B ed il suo battesimo nel calcio professionistico è arrivato lì. Adesso nelle prime due gare ha dimostrato di poter giocare in una squadra con grandi ambizioni come è oggi la Fiorentina. A volte il salto dalla Primavera alla Serie A è forte: basta una presenza che un ragazzino, o peggio ancora i genitori, credono che abbia diritto sempre ad una maglia da titolare. Castrovilli è pratico, per dirla con una metafora, ti “porta sempre il grano a casa”, il giovane che si affaccia per la prima volta alla Serie A difficilmente trova subito continuità. Ma sia chiaro che non mi riferisco ai giovani viola, per gestire la loro carriera c’è il direttore (ride, ndr)”.
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