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Serie A, le tre tipologie di difesa. Italiano unico in Italia a poter applicare una di queste

In Italia, ad oggi, si utilizzano due sole tipologie di difesa: la linea del fuorigioco, attuata principalmente da Sarri e da Giampaolo, e la marcatura a uomo, attuata dalla maggioranza dei tecnici italiani e la corrente ideologico-calcistica verso cui il calcio italiano, in generale, verterà nel prossimo futuro, quantomeno.

La vittoria dell’Europeo, raggiunta dalla Nazionale di Roberto Mancini, ha innescato, all’interno dei nostri confini, l’idea che il calcio italiano avesse intrapreso una strada diversa, rispetto a quella “difensivista”, così la chiamano, che, almeno alcuni credono, le sia storica.

Innanzitutto, spostare il campo di pressione dalla propria metà campo all’opposta, non significa, di per sé, essere “offensivi”. Restringerlo in un campo più piccolo del reale campo da gioco, non propone di per sé un avanzamento dell’atletismo e dei ritmi.

Se osservassimo la Liga e la Nazionale Spagnola, potremmo capire cosa manca al calcio d’Europa nella sua interezza.

La qualità, se definita come fantasia, sensibilità e cognitività, è quasi scomparsa. Resta sì, della qualità, ma sarebbe più veritiero chiamarla: qualità qualificata. Cioè delle movenze normalizzate, attraverso norme di estetica che creano uno standard, in base al quale il calciatore viene giudicato o con valenza positiva, o con valenza negativa. La ripetizione degli esercizi e la competitività, anche tra compagni di reparto, dunque scende fin nello specifico, sono, poi, il risultato che ne fuoriesce.

Non si verte più sulla qualità indicata come espressione del singolo e, perciò, fuori da ogni giudizio e ogni paragone. Detta con brevità: io sono io, tu non sei me.

Infatti, è la “differenza” e non la “diversità” che instaura i rapporti di competitività. Essere diverso non è essere differente. Questo dovrebbe essere chiaro.

Per quanto riguarda il calcio spagnolo, quello che in futuro gli verrà “rubato” (termine esatto): sarà la gestione dei ritmi e la “calma” della gestione stessa, che porta ad abituarsi al “pressatore”.

In Italia, da quel che si evince nella praticità, vi sono molti recuperi palla e, chiamiamoli pure così, “mini-contropiedi”, ma il ritmo è monotono seppur aggressivo.

Tra le altre cose, i contropiedi e la difesa a uomo fanno evincere che il calcio italiano si sia adattato, ma, cosa bella (anche se per molti pare essere una “violenza”), non abbia perso la sua identità.

Tornando alle tipologie di difesa dentro i nostri vengono attuate, avevamo detto, due tipologie: linea del fuorigioco e marcatura a uomo.

Entrambe queste tipologie, soprattutto la prima delle due, hanno grossi limiti difensivi.

Questi riguardano lo spazio e la copertura, parlando di difesa in senso stretto, dello spazio stesso.

Osservare solo il pallone o solo l’uomo non permette una visione spaziale dei momenti di gioco completa.

Nel primo caso si dà precedenza e pericolosità all’oggetto meno pericoloso. In Argentina lo chiamano “vieja”, proprio perché, come insisteva “La Saeta Rubia” Di Stefano, non va maltrattata. Dunque, è lei il mezzo per lo sviluppo del gioco, ma non il “pericolo” vero.

Italiano disse a Moena, cosa alquanto intelligente di questi tempi calcistici:“Non abbiate foga di recuperare la palla”. Poi altro suo detto: “E’ l’uomo il pericolo. Se non riesci nella marcatura, difendi di posizione”.

Il secondo caso vede l’uomo come pericolo, ma, anche qui, non è l’uomo in sé il pericolo vero.

Entrambe le tipologie, se analizzate con occhio attento, non considerano le uniche due cose che contano nel calcio: movimento e linee di passaggio. Sintetizzate: lo spazio.

Esse prendono a oggetto di interesse, qualcosa che, di per se stesso, non ha nulla di pericoloso. Mentre, come insegnò Cruijff: “Tra compagni parlavamo di come occupare gli spazi, come muoverci”. Giocatori pensanti in un “sistema”, essendo qui Nord Europa, adattato alle loro esigenze.

La marcatura a zona, riprendendo Italiano: “Se non riesci nella marcatura, difendi di posizione”, è nella difesa, in senso stretto, la migliore tipologia.

Essa sviluppa cognizione spaziale e non denigra il contatto fisico. Si basa sulla zona della palla e sulle zone dove essa potrebbe essere ricevuta.

Inoltre, non squalifica nemmeno la linea del fuorigioco: giocatori che hanno sviluppato, come detto sopra, un’elevata cognizione spaziale possono, senza che a loro venga specificato con metodologie costrittive, difendere di reparto.

La zona non è limitante e il corpo può orientarsi in maniera totale all’interno di uno spazio specifico.

Questo, oltretutto, favorisce l’applicazione di un pressing orientato non verso il pallone o verso l’uomo, come si vede sempre fare nei match di Serie A, ma orientato sulle probabili linee di passaggio e sugli spazi attraversati da tali linee.

Italiano, stando alle conoscenze teorico-calcistiche da lui mostrate, sarebbe, tra i tecnici italiani, l’unico che possa applicare uno stile difensivo del genere. In quanto coerente con la sua idea di gioco.

Manuel Cordero

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