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Inter-Fiorentina, una breve lettura della partita

L’efficacia dello schema non è la conseguenza della sua ripetitività e nemmeno la staticità, cioè lo stazionare delle funzionalità nelle locazioni.

La Fiorentina del San Siro non ha focalizzato la propria attività conoscitiva alla contrazione delle distanze, al vuoto, al manovrare.

La posizione di Igor, ad esempio, viene bocciata durante i secondi 45′. Bocciata non per la sua comprovata impraticabilità in sé, ma per il ritmo. Ritmo che non consentiva il fluire della funzione. Funzione basata sul medesimo principio della costruzione dal basso verso i lati dell’ambiente di pressione.

Serve a non molto un movimento, se non possiede il dinamismo come scopo. Infatti, ciò che interessava, era l’estetica della movenza.

Dunque, il 3-3-1-3 si è dimostrato incompatibile. Tanto che il flusso ha declinato, portando la Fiorentina a non compiere più di un passaggio sul terminare del primo tempo.

Basti vedere (e ci soffermeremo solo un attimo) come l’Inter con poco sia riuscita nell’arginare tale schema: Lukaku-Correa stretti, linea del centrocampo a 3 volta ad occupare le vie più centrali.

Igor era lasciato solo, libero di ricevere. Ma una volta ricevuta la sfera non subiva un’aggressione selvaggia. In quanto i centrocampisti avversari non ne avevano bisogno data la prevedibilità delle soluzioni: le due mezze ali erano al di là della loro linea e troppo difficili da raggiungere anche con un pallonetto (spazio attacco-centrocampo-difesa angusto). Inoltre, l’unica soluzione attuata dai viola era abbassare Castrovilli con un inserimento (|) basso. Soluzione ovviata da un accenno di marcatura da parte dei calciatori nerazzurri che spingeva il 10 fin sulla terza linea dei compagni.

Nel secondo tempo la squadra gigliata ha ricercato maggiormente la verticalità, andando ad innescare le caratteristiche da boa del centravanti, Arthur Cabral. Questa semplificazione ha fatto volgere il match di nuovo verso la Fiorentina, portando poi al corner decisivo.

La soluzione della difesa a 5 sul finale rappresenta soltanto una conseguenza. Italiano voleva vincere la partita (non aveva mai portato via i 3 punti da Milano) e, come per la posizione di Igor, ha reso “fissa” una soluzione dinamica, seppur ripetitiva.

Infatti, quando i viola difendono la linea a 4 si stringe, chiudendo la via più diretta per far gol. Ciò comporta un restringimento dell’ambiente di pressione e avvicina sul lato cieco l’esterno dei rivali alla porta. Così Italiano chiede all’ala il compito di seguire a uomo l’avversario. Tutto all’incirca:

In conclusione, aggiungendo un Inter poco felice sotto porta e, per tutta la stagione, instabile, oltre ad essere altrettanto schematica, ripetitiva ed estetica, otteniamo una partita dispersiva.

Manuel Cordero

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