Padre, tifoso milanista, gestiva anche un Milan Club. Il figlio, Giancarlo, sognava di diventare un giorno calciatore rossonero. Ma, come dice la sua data di nascita, sarà un bellissimo pesce d’aprile. Nasce il 1° aprile 1954 a Marsciano, nel perugino, all’anagrafe: Giancarlo. Sì, Giancarlo Antognoni. Vincerà una Coppa Italia in 15 anni di puro amore viola e sfiorerà il terzo Scudetto nella stagione 1981/82. Vestirà 429 volte la maglia della Fiorentina e siglerà più di 70 gol. “Puoi vincere due Scudetti e due Coppe Campioni, ma poi cosa ti rimane? Il tuo nome sugli almanacchi? Meglio essere ricordato come uno che non ha mai tradito Firenze e la Fiorentina” – Giancarlo Antognoni in un’intervista ad Il Corriere della Sera Ma non sono i gol che lo contraddistinguono. No. È quella testa sempre alta quando corre con la palla al piede: quello lì sa sempre dove metterla. Farà della 10 la sua seconda pelle.
La Fiorentina ha acquistato Rino Gattuso. Carattere intenso e cuore grandissimo. Un uomo vero. Uno che non molla mai. Uno che vuole esserci dove ci sono le difficoltà. Uno che aiuta. La poltrona influisce su qualcuno, mentre su qualcun altro no. Perché Giancarlo era uno così. Uno che ha rischiato la morte, anzi per 25 secondi il suo cuore ha cessato di battere. Quindi, l’ha anche vinta. Dopo 4 mesi da quella partita maledetta contro il Genoa tornò. Era l’anno 1982. L’Italia vinse i Mondiali. Ma anche in quella competizione il 10 dovette affrontare la sfortuna. Non disputò la finale a causa dell’intervento del centrocampista polacco Matysik. Nel 1984 il difensore della Sampdoria, Pellegrini, gli spaccò una gamba. Si è sempre rialzato. Non ha mai mollato il caro Giancarlo. Invece, da quando se ne sta seduto in tribuna, non pare essere più lo stesso di una volta. Zitto. Immobile. Rilascia, si e no, qualche minima intervista. Non pare neanche vicinissimo alla squadra. Parla poco e agisce altrettanto poco. In questo, bisogna affermarlo, non è cambiato: resta coerente. Bisogna essere uniti. Coesi. Dal raccatta palle al presidente stesso. La Fiorentina ha sempre funzionato nell’unità di intenti.
Lo ricorda molto, nella sua umiltà, Don Andrés Iniesta che sta finendo la carriera al Vissel Kobe, in Giappone. Lui, Antognoni, la finì al Losanna, in Svizzera. Specie quasi estinta. Qui non si parla di credo, ma di fede. Poiché quando il cigno canta così, significa arrivederci e non addio. È questo il vero Giancarlo: uno che incanta i cuori col cuore. Allora fallo sentire. Scendi in campo. Incita i giocatori. Riprendili. Consigliali. Coccolali. Sii una guida spirituale. Perché il numero che hai portato entra nello spirito. Sei il 10. Anche se non giochi più, caro Giancarlo, non puoi allontanarti da te stesso. Mostra il tuo vero valore. Mostra chi sei. La rivoluzione parte da qui.
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