Una scossa di quelle da quarto o quinto grado della scala Richter si è abbattuta all’ora di pranzo sulla Fiorentina. Cesare Prandelli lascia la guida tecnica della squadra di Viale Fanti e l’annuncio delle sue dimissioni ha l’effetto di un terremoto. Dopo le parole di sconforto a termine della gara vinta in trasferta contro il Benevento ma soprattutto dopo aver disertato la conferenza stampa a causa dello stress a seguito della sconfitta interna con il Milan di Pioli, l’allenatore di Orzinuovi rassegna le armi e lo fa con onore. A nulla sono servite nell’ordine la telefonata del Presidente Commisso, le parole del direttore generale Barone e di quelle del direttore sportivo Pradè. La scelta era stata presa, maturata e probabilmente già digerita. Una scelta sofferta, sì perché Cesare prima di essere allenatore della Fiorentina era e resta un tifoso, un fiorentino. Un amore nato in riva all’Arno nel giugno del 2005, fatto di vittorie, di trionfi, di notti di calcio ricche di emozioni, di pagine di storia scritte, di un legame indissolubile tra lui e la città. Quel legame che lo ha riportato proprio su quella panchina nel momento più difficile, con una società nuova, una squadra costruita per altri e con alle spalle un club che già da due anni lottava nei bassifondi della classifica. PioliPrandelli due destini incrociati, due storie simili di uomini toccati e segnati profondamente dagli anni viola, due persone per bene con un comune denominatore quello di aver rassegnato le dimissioni. Il perché? Oggi poco importa, per processi e retroscena ci sarà tempo, oggi è il tempo della riconoscenza, quella che è venuta a mancare durante il Prandelli bis da parte di molti. L’addio tramite una lettera indirizzata alla città di Firenze, piena di commozione, una lettera a cuore aperto dove il malessere dell’uomo fa spazio alla responsabilità e all’amore verso i suoi tifosi verso la sua città che siamo certi sapranno comprendere. Non nascondiamoci dietro il solito dito, per fare un passo indietro bisogna avere gli attributi e forse un passo indietro dovremmo farlo tutti, giornalisti o presunti tali, tifosi critici, haters e leoni da tastiera. Il calcio moderno quello fatto dai diritti tv, dallo show – business, quello dei procuratori senatori e dei giocatori vip è un calcio diverso da quello con il quale almeno il sottoscritto è cresciuto, non dico meno bello ma permettetemi di certo un calcio dove molti valori sono venuti meno, dove le persone per bene come Prandelli non si possono e non si devono ritrovare. Non fraintendiamoci il nostro compito è quello di riportare la verità, di criticare quando necessario, di raccontare la Fiorentina e continueremo a farlo con obiettività e giudizio. Ma non si può non riconoscere che Prandelli abbia messo davanti se stesso la squadra. Chi vuol bene alla Fiorentina e a Firenze dovrebbe ringraziarlo per tutto ciò che ha fatto. Noi Cesare oltre ad un ‘grazie’ ti diciamo anche ‘arrivederci’ . Primo Levi nella sua opera più importante “Se questo è un uomo” pone una riflessione sulle conseguenze dell’annientamento dell’identità e dignità delle persone da parte dei nazisti, permettetemi il paragone infausto ma oggi in misura comparata viene da chiedersi se quella stessa dignità sia stata tolta dall’era dei social dove tutti possono scrivere qualunque cosa a quell’ ‘Uomo’ di nome Cesare. Alfredo Verni Direttore Fiorentinauno.com 
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