Sebastian Frey
Sebastian Frey in Genoa-Fiorentina (Photo by Massimo Cebrelli/Getty Images) via OneFootball

L'ex portiere della Fiorentina Sebastian Frey ha concesso un'intervista ai microfoni de La Gazzetta dello Sport nella quale ha ripercorso le tappe della sua carriera, dalla consacrazione in viola ai club da lui rifiutati, soffermandosi poi anche sulla nazionale francese con la quale non gli è mai stata data una vera possibilità. Di seguito le sue parole. 

Sebastian Frey al termine di un Lazio-Fiorentina
Sebastian Frey in Lazio-Fiorentina (Photo by NewPress/Getty Images) via OneFootball

La consacrazione alla Fiorentina

La consacrazione. Lì sono stato uno dei portieri più forti del mondo. I fiorentini hanno capito subito che fossi un leader di personalità. Non eravamo la squadra più forte, ma il gruppo migliore sì. Ogni settimana andavamo a cena insieme, facevamo gruppo, stavamo bene. Se chiudo gli occhi ricordo gli amici, Toni, Mutu e gli altri, non una parata. Tutte cose che nel calcio di oggi sono quasi scomparse. Colpa di quei maledetti telefonini: i giocatori pensano solo a messaggiare

Quando rifiutò la Juventus

Mi volevano Milan, Bayern, Barcellona e Juve, l’anno in cui Buffon fu vicino al City. Ma non sarei mai andato: non potevo macchiare una storia d’amore passando dalla Viola a Torino. I tifosi mi avrebbero odiato. Sarei rimasto a vita, ma un dirigente scelse di farmi la guerra e andai a Genova

Sulla nazionale francese 

Colpa di Domenech. Già in Under 21 non mi faceva giocare. “A me l’Italia non piace proprio, lasciandoti in panchina gli faccio un dispetto”. Mi domando se i portieri titolari erano più forti di me, non penso. Non mi ha permesso di rappresentare il Paese

 

 

 

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