Dalle pagine de Il Corriere Fiorentino, arriva il punto di vista del giornalista Ernesto Poesio, in merito al lavoro finora svolto dall’allenatore della Fiorentina, Raffaele Palladino.
Montella segnò la fine del suo rapporto con Firenze ribellandosi ai fischi dopo l’eliminazione in semifinale di Europa League. La luna di miele con Sousa durò invece appena cinque mesi, Iachini e il suo cappellino sono diventati sinonimo di mediocrità calcistica. E poi i litigi di Italiano coi tifosi del parterre, la manifesta antipatia per Mihajlovic, o quella per Mancini, inserito nella lista degli invisi nonostante sia anche l’ultimo ad aver vinto un trofeo. Esempi, in ordine sparso, di come sedere sulla panchina della Fiorentina negli ultimi 25 anni sia stato più un onere che un onore. Altro che solo, insomma, Palladino è in ottima compagnia in questo particolare club di allenatori che per ragioni diverse hanno finito per scontrarsi con i fischi e le battute al veleno del Franchi.
Nell’ultimo quarto di secolo, sono solo due gli allenatori ad aver fatto breccia nei fiorentini: Prandelli e Pioli. Entrambi uomini di calcio navigati hanno saputo anche «allenare la città», rassicurarla, renderla partecipe della propria idea di Fiorentina. La strategia del fortino a Firenze non paga. Perché la città vuole essere coinvolta e se si sente esclusa dalle vicende viola reagisce con ancora più diffidenza in attesa del primo passo falso.
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