Ai microfoni di Radio Bruno è intervenuto il portiere ex viola Sebastien Frey per ripercorrere la sua carriera a Firenze
Sono arrivato a Firenze che avevo 25 anni ma già una certa esperienza. Senza mancare di rispetto a nessuno dei miei fantastici compagni la Fiorentina era Frey para e Toni segna, con un grande allenatore che fece bene fin da subito. A gennaio mi ruppi il ginocchio, e il pensiero di non poter partacipare ai Mondiali del 2006 mi ha fatto stare male. Per un portiere farsi vedere vulnerabile contro gli avversari vuol dire essere morto, non è stato facile riprendersi subito. Ricordo che ravamo in ritiro a Folgaria, avevo sempre il terrore di rifarmi male ed ero entrato in un circolo vizioso. Mi tornò in mente il periodo all’Inter con Roby Baggio che mi raccontò come il buddhismo gli aveva cambiato la vita.
Arrivò un Fiorentina-Lazio, non quella famosa, ma nel 2006 quando una parata su Mudingayi sotto la curva mi sbloccò. Lì tornai quello vero e finimmo la stagione con la miglior difesa. Della mia carriera non ho rimpianti, ho avuto riconoscenza mondiale. Sfidare Gigi, Dida, Julio Cesar per essere miglior portiere è stata un emozione unica, la Nazionale è un sassolino che mi è rimasto nella scarpa.
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