Come disse Italiano a Moena, una delle idee calcistiche che lo ha influenzato, è quella proveniente dall’Olanda. Johan Cruijff insegnava che nel totaalvoetbal fosse fondamentale la gestione e lo sfruttamento degli spazi. Vlahovic, a differenza degli altri calciatori di cui dispone Italiano, non fa del dinamismo la sua arma naturale. Si potrebbe adottare il così detto falso nueve, utilizzato dal Grande River (La Maquina) e che lo ha portato a vincere molto. Kokorin, nel match col Napoli, ha spizzato repentinamente il pallone di testa e nessuno alle sue spalle ha potuto sfruttarne gli effetti positivi. Vlahovic era troppo fermo e, con lui ad occupare la zona centrale, gli esterni non hanno potuti convergere. Quello visto sia al Franchi che alla Dacia Arena, però, è molto più allarmante di quanto non si creda. Per due motivi: Primo, Vlahovic è troppo statico e non permette uno sfruttamento degli spazi dinamico, come vuole il principio del calcio totale, da parte dei suoi compagni. Questo inceppa il meccanismo del principio di convergenza creato da mister Italiano. Secondo, ciò che il tecnico della Fiorentina ha sbagliato, è la rinuncia ai propri princìpi. Non deve cambiare modulo, ma interpreti. Quando l’intensità cala, bisogna agire coi cambi. L’opinione di Italiano è che non esistano titolari. Allora Bonaventura, Biraghi e Vlahovic? Il tecnico deve avere fede nei suoi princìpi. Dunque, il problema non è il modulo e neanche la qualità dei calciatori. Perché la qualità non conta in questa squadra, ma l’organizzazione. Il fine deve essere: mantenere i propri princìpi di gioco intatti. Per risolvere la questione sul post-Vlahovic da qui a gennaio basterebbe dare continuità a Kokorin, perché se Italiano lo ha voluto un motivo c’è. E poi manterrebbe la parola data: “Faccio con quello di cui dispongo”.
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