Bisognerebbe smettere di inneggiare. Bisognerebbe dare l’estremo addio alle passioni. Bisognerebbe abbattere gli idoli.
Rafforzare la dipendenza dalle chimere, non ne elude il carattere passeggero. Alla fine, emerge sempre quel riflesso che nascondiamo con trucchi e con maschere. Dovremmo prendere le cose come sono. Semplificare.
Cosa rende speciale qualcosa, se non una rappresentazione astratta e immaginaria. Nulla di più lontano dalla realtà. E questa non sarebbe così orribile.
Nel razzismo c’è qualcosa di per sé contraddittorio. Non solo nell’atto che lo accompagna, ma proprio nell’esistenza della parola.
Michel Foucault diceva, e a buon veduta, che sia sul razzismo e sulla discriminazione che si basi il perpetuarsi dei princìpi della nostra società. Per lui razzismo non era riferito solo al colore della pelle, ma anche alla classe sociale e al ruolo della persona all’interno della sua classe. Se guardassimo alle scuole, tanto per prendere “classe” in senso lato, potremmo già vedere nelle bocciature, nei voti, persino nei programmi scolastici la discriminazione.
I metodi di insegnamento usati dai pellerossa, prevedevano lo sviluppo cognitivo della persona. Quando ai bambini veniva posta una domanda, alle loro risposte non veniva data né valenza negativa né positiva. Inoltre, si esercitavano i sensi all’ascolto. Per esempio: i bambini abbracciavano un albero bendati che poi dovevano ritrovare.
Mentre gli europei li portavano nelle “riserve”, se il gruppo si fermava ad aspettare chi fosse rimasto indietro, oppure per far riposare i più piccoli, i più anziani, ai bambini veniva spaccata la testa contro un albero, o si uccideva chi era stanco, chi si ribellava. Sospinti avanti, avanti. Fino a morire. “Tutti gli uomini sono parenti”, detto Navajo. Così ci avevano accolti.
Ancora oggi cercano di togliere qualunque rimasuglio della loro cultura. E non solo loro. Ma nessuno ne parla.
Per farla nazionale: gli italiani nelle miniere. Nelle scuole questa parte della nostra storia non viene minimamente toccata. Ammassati come bestie e senza la minima sussistenza. Discriminati nelle scuole, nella vita quotidiana e sul lavoro.
Questo non giustifica il fatto accaduto a Koulibaly. Non vuole legittimarlo. Tenta solo di rendere coscienti. Coscienti che, se vogliamo dire basta, dovremmo squalificare il fondamento che è il principio reale della società: la contraddizione. E questo la specie umana non lo può accettare.
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