Lorenzo Venuti, terzino della Fiorentina, ha parlato ai canali ufficiali del club viola. Ecco alcune delle sue parole:

Sul rapporto con Firenze e la Fiorentina: “Come ho sempre detto a me rende orgoglioso. Mi dà orgoglio a dei livelli non descrivibili a parole. Rappresentare la mia città, essere visto come simbolo, per me è un sogno che si realizza. Dall’altro lato diventa stucchevole, me ne rendo conto. Tante volte si tende a guardare il ‘Lollo fiorentino’, il ‘Lollo cresciuto nel settore giovanile’, e si trascura il Lollo calciatore. C’è anche il Lorenzo Venuti che scende in campo, non c’è solamente il Lorenzo Venuti che rappresenta Firenze perché ci mette il cuore. C’è il Lorenzo Venuti che ha qualità tecniche, fisiche e tattiche. Che possono essere messe in discussione, e questo è fuori dubbio.   Porterò sempre Firenze su un piedistallo, ne parlerò sempre bene, e mi fa sempre piacere parlarne, ma mi rendo anche conto che possa diventare stucchevole. Parlo anche da professionista. Ogni calciatore ha degli obiettivi, ognuno di noi ha dei sogni nel cassetto, delle aspirazioni. Ipoteticamente, dovessi rimanere in panchina sempre e non vedere mai il campo, ed essere solo quello che dimostra affetto per la maglia e sta lì, non ha senso. Pur andando contro il mio affetto per la Fiorentina, e mi dispiacerebbe molto per Firenze e la Fiorentina, sono i miei obiettivi, la mia mentalità di cercare sempre di migliorarmi. La mia missione è di sfatare il mito che non esista profeta in patria. Perché ci sono tante persone che dicono che Lollo è solamente quello che rappresenta Firenze e ci mette il cuore, ma poi per il resto non fa niente. Invece no, voglio dimostrare che c’è sì il Lollo che in campo sputa l’anima, che in campo dà tutto quello che può dare. Ma c’è anche il Lollo che in campo fa cose fatte bene, che ha un valore e cerca di dimostrarlo in campo, non solo mettendoci tutto, ma anche a livello tecnico e tattico. Di esperienze da raccontare ce ne sarebbero tante, di esperienze negative ne ho vissute tante. 

Sulle difficoltà passate in carriera: “Per esempio, il primo anno uscito dalla Primavera, tra i professionisti, un ragazzo normalmente deve dimostrare di poter stare nel calcio dei grandi, deve giocare, e io sono andato a Pescara con un ginocchio rotto. Ho fatto zero minuti in tutto il campionato. Chiunque mentalmente avrebbe potuto mollare in una situazione del genere. Invece, da un’esperienza così negativa sono riuscito a trarre le cose positive. A vedere il bicchiere mezzo pieno, e sicuramente a crescere come uomo. E’ stato il primo anno fuori da casa, la prima esperienza lontana dalla famiglia. Senza nessuno che ti può dare una mano. E senza la cosa più importante per un calciatore: vedere il campo. Sono cresciuto tanto mentalmente, come persona. Ho imparato a reagire con la giusta misura a quello che mi succedeva".  

Sui problemi fisici e di mentalità: “A livello fisico siamo seguiti sotto ogni punto di vista come professionisti dalla società stessa. Poi ognuno è libero al di fuori degli orari d’allenamento di prendersi cura di sé come vuole. Ma io sono uno che fa sempre riferimento alla società, parlo sempre con loro e mi faccio consigliare da loro e non ho nessuno extra che mi segue. A livello mentale invece, ho scoperto quanto l’allenamento mentale vada di pari passo con quello fisico. Sono seguito da un mental coach. Tante volte si commercializza la figura del mental coach. Si pensa che il mental coach sia quello che ti dice ‘fai questo, fai quello’, che ti dice le cavolate di scrivere il numero accanto al tuo perché porta fortuna, oppure che ti dice le frasi motivazionali… Non è così. Io ho un lavoro e un allenamento mentale. Io tutte le mattine e tutte le sere prima di andare a letto medito 10 minuti. Ho un diario dove ogni sera scrivo e annoto pensieri o situazioni capitate durante la giornata, senza forme corrette verbali o grammaticali. Solo pensiero libero per sfogarsi e rendersi conto di quello che ho vissuto. Il mio mental coach, Stefano Tavoletti, è una persona che mi aiuta, come se fosse un maestro. Mi dice ‘quella è la via’, ma poi la via la percorro io. Sono io che percorro questa via, che vivo le mie esperienze, faccio i miei errori, e come tali li devo vedere. Una volta che commetto un errore non devo fasciarmi la testa: lo devo vedere, prenderne atto e cercare una soluzione. La consapevolezza di un errore è la prima cosa per trovare una soluzione. L’allenamento mentale deve essere una cosa che quando la fai ti stanca. Ti deve lasciare qualcosa, non può essere campata per aria. Ci devi credere fortemente, e ti devi impegnare al massimo, dando tutto te stesso, così come ti impegni al massimo in allenamento". 

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