L’ex capitano della Fiorentina, Dario Dainelli, ha rilasciato in esclusiva alcune dichiarazioni ai microfoni di FiorentinaUno.com inerenti al passato in maglia viola e raccontando un po di se stesso e della nuova professione.

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La carriera in viola

Dario Dainelli nel 2004, a 25 anni, si trasferisce nella Fiorentina, neopromossa, arrivando in zona Champions poi revocata da calciopoli. Con i viola partecipa a competizioni di spessore come Coppa Uefa e Champions League meritando la fascia da capitano che lo portano anche a conquistarsi una convocazione in nazionale. Con il giglio sul petto fa registrare 141 presenze e ben 7 gol in 5 stagioni e mezzo.

Le parole dell’ex capitano

Ecco le parole di Dainelli ai nostri microfoni:

Cosa rappresenta per te la Fiorentina?

“Molto, è la squadra dove volevo arrivare quando ho iniziato a giocare. Da piccolo giocavo in un paesino a Pisa e il mio babbo è sempre stato tifoso della Fiorentina. Guardavo con lui sempre la viola e crescendo è stata sempre la mia ambizione. Ho avuto la fortuna di poterci arrivare e di aver trascorso anni molto belli visto che si giocavano le coppe e la Champions ed esservi capitano mi ha legato tantissimo a quei colori ed è uno dei ricordi più belli della mia carriera”.

Il ricordo più bello con la Fiorentina?

“C’è ne sono stati molti, ricordo l’ultima intervista quando poi ho salutato la Fiorentina; ma se devo sceglierne uno in particolare scelgo la partita contro il Liverpool al Franchi. Scelgo questo sia dal punto di vista morale sia per quello che si percepiva all’interno (e spero all’esterno) del gruppo. Per noi era la prima volta, anche se gli anni precedenti fummo in Champions e due anni prima in semifinale di Europa League, che giocavamo una partita contro i detentori di quella coppa. Un match che sentivamo tantissimo oltre l’aspetto tecnico. Ricordo tutti i momenti in particolare un aneddoto: il giorno prima, durante la rifinitura, quando la squadra ospite fa l’allenamento poco prima di quella di casa, io e i miei compagni guardavamo i giocatori del Liverpool con gli occhi dei bambini; eravamo affascinati, stimolati e il fatto di averci giocato il giorno dopo e aver vinto 2-0 ha fatto si che diventasse il mio più bel ricordo”.

La notte prima di una partita così importante, si dorme o è nottata tra compagni?

“La forza di quel gruppo era l’unione. La tensione, la pressione e tutte le emozioni che vi erano dietro venivano smussate dalla condivisione. I giorni prima delle partite (in generale) facevamo, quello che noi chiamavamo, il Costanzo cioè tutti in camera mia a dire un po di bischerate per ironizzare; e più erano sentite le partite più si parlava, quindi si scherzava smollando la tensione divertendosi”.

Invece la notte dopo una sconfitta dolorosa? Ad esempio la finale dello scorso anno, o quella vissuta da te in semifinale contro il Glasgow Rangers nel 2008?

“Quella è più difficile da digerire perché pensi a cosa avresti potuto fare, perché tutto passa da piccoli episodi che ti condizionano; ad esempio quando prendi un gol c’è sempre, di sicuro, qualcosa di sbagliato e quindi ci rimugini e non ci dormi. La cosa però bella del calcio è che rigiochi subito; non siamo come in modo ironico chiamiamo i -Disgraziati- che devono preparare Olimpiadi o un semplice evento, dopo mesi o anni di allenamento e hanno una sola possibilità; quindi per noi è più semplice passarci sopra”.

C’è un Dainelli nella Fiorentina attuale?

“Di caratteristiche non proprio, ma sono giocatori molto forti. Mi piace molto come gioca la Fiorentina e il calcio che esprime; è cambiato anche il modo di interpretare il calcio; il modo di giocare di Italiano non è semplice dato che cerca determinate caratteristiche piuttosto che altre e quindi non mi rivedo in nessuno. Mi sarebbe piaciuto giocare in questa squadra, con questa difesa alta, ovviamente dipende in che anni (afferma ridendo), nel fiore della carriera si quando ero a Chievo no. Tutto dipende dal momento e dalle situazioni, ogni calciatore a suo modo porta delle caratteristiche oltre la volontà. Ogni difensore ha letture diverse e bisogna essere più o meno consoni a ciò che chiede l’allenatore”.

Su Biraghi e le critiche ricevute e se è così pesante la fascia della Fiorentina?

“Nel contesto calcistico e per i calciatori, la Fiorentina è un ambiente molto difficile perché c’è l’ironia e il problema di avere un opinione addosso. Al nord c’è la pressione mediatica ma non c’è quella quotidiana vestita dalla classica battuta dei toscani o per meglio dire dei fiorentini. Nella quotidianità non diventa semplice da gestire. Il toscano con la battuta dice tutto: scherza e sotto sotto te la tira. Nella vita quotidiana è difficile perché vivi con il giudizio ordinario ma è così da sempre. Vi racconto un aneddoto per farvi capire: una volta a Moena misero uno striscione, perché c’era un interessamento da parte dell’Inter per me, con scritto - Dainelli non si vende- allora si alza un tifoso dalla tribuna e grida - Ma si regala!-. È successo a tutti, anche su Montolivo si è detto e scritto di tutto. È questa comunque la difficoltà rispetto alle altre piazze; è più marcata la cosa ma è anche il bello, perché ti trasmette tanto quando le cose vanno bene e c’è tanto entusiasmo. Su Biraghi penso sia un ottimo calciatore soprattutto nel suo ruolo ci sono pochi giocatori con quel piede; lo vedo dentro la squadra e sarebbe bene che fosse amato da tutti e soprattutto stimato dai compagni. Se lo seguono, se gli hanno dato la fascia, se rimane negli anni vuol dire che c’è una stima da parte di tutti e vuol dire che fa bene all’interno dello spogliatoio”.

Dove potrebbe essere la casa della Fiorentina in attesa del nuovo Franchi?

“Non è semplice rispondere, i tifosi a Firenze sono legatissimi al posto; ricordo quando in passato si era parlato del nuovo stadio che sarebbe stato costruito fuori dal comune di Firenze, a loro sembrava una follia e quindi non è semplice. Bisogna valutare la facilità di raggiungimento e sopratutto la potenzialità della capienza. In Toscana ci sono tanti stadi che non sono curati bene e non sfruttano al massimo il potenziale. La scelta dev’esser presa dalle possiblità”.

Dirigente, vice allenatore e un esperto di vini: cosa ti riesce meglio e dove vorresti affermarti?

“Il vino come il calcio è parte della mia vita; è una passione che sono riuscito a trasformare in mestiere e penso che rimarrà per sempre nella mia vita. Nel calcio diciamo che non è semplice; quando smetti di giocare non sai mai cosa ti piace o dove sei più portato. Ho avuto la possibilità con la Fiorentina di essere dirigente provando questa carriera ma ci sono tanti pro e contro perché abituato a stare in campo, dalla dirigenza avevo l’impressione che ci fossero troppi tempi morti dove bisogna più controllare che fare e questa cosa l’ho sofferta perché mi mancava la quotidiana del fare; questo è il motivo perché ho scelto di accettare il mestiere del vice allenatore in questo caso di Gilardino. Con lui ho un rapporto di amicizia da anni in campo e fuori, dal punto di vista umano c’è legame ed affetto e soprattutto condivisone nel vedere le cose in modo simile”.

dainelli
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