Benedetto Ferrara si sofferma sulle pagine de La Nazione sul tifo della Fiorentina e sulla fede dei tifosi viola.
Basta chiacchiere e bla bla bla, la fede è una cosa seria e se c’è un momento per dimostrarla quel momento è adesso: acquistare un abbonamento senza avere idea di che squadra sarà, andare a vedere un allenamento a 39 gradi con una squadra di ragazzi volenterosi e semi sconosciuti con Kean il gioiello del mercato. “Guarda come si muove bene, l’è forte”. È giusto così. Il calcio è questo: chi guadagna e chi spende, chi si fa ricco e chi vive d’amore. Perché “è l’amor che ci guida”
E anche Biraghi, ma il poeta non poteva saperlo. Firenze c’è: più abbonamenti della scorsa stagione nel primo giorno, tanta gente a Bagno a Ripoli, comunità montana di ultima generazione, coi bar che hanno ordinato casse di grappa, i ristoranti con le pernici appese alle pareti per ricordare i giorni della prima grande rivoluzione firmata Pradè, l’uomo chiamato a rinnovare i fasti del primo Montella, quando Diego il supremo, convinto dal passionale Andrea, decise di rilanciare
Altri tempi. No, niente rimpianti, oggi è tutto il calcio a essere plastificato e se non fosse per la gente che ci sente e per i bambini che darebbero cinquanta merendine in cambio di un selfie sarebbe tutto molto malinconico. Invece il rito si rinnova, come ogni anno: sogni, mugugni, sorrisi e tormentoni previsti o imprevedibili
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